martedì, settembre 27, 2005
Dalla comunicazione all'informazione e ritorno
Si preannuniciano tempi durissimi per i comuniucazionisti. L'onda lunga dei corsi di laurea in scienze della comunicazione sembra esaurirsi e lo stesso appeal della comunicazione, con la quale tutto si puó fare e senza la quale anche la migliore iniziativa é destinata al fallimento, sembra ormai appannato. La stessa gente che ha eletto il re dei comunicazionisti presidente del consiglio si straccia oggi le vesti per spiegare che senza un buon prodotto non c'é comunicazione che tenga. Ma quello in corso non é solo un cambiamento politico. Cambia anche la cultura di un paese che, a parte lo specifico caso dell'alta moda (dove non a caso eccelliamo), inizia a realizzare che con la sola comunicazione non si mangia. Eppure in questi anni ho conosciuto tanti comunicazionisti che con la comunicazione ci hanno mangiato e come... c'è tuttavia un problema di sostenibilità. Alla lunga il gioco, a livello della collettivitá, non regge.
Uno dei cavalli di battaglia di questi comunicazionisti é da anni il passaggio dall'informazione alla comunicazione. Questa distinzione é a tal punto entrata nella nostra societá da essersi stratificata nella semantica del diritto. Gli enti locali dovrebbero comunicare con i cittadini e non informare. Idem dicasi per le aziende al loro interno.
Forse é giunto tuttavia il momento di tornare alla buona vecchia cara informazione. Non la "trasmissione di informazione" dall'emittente al ricevente ma l'informazione. Quella fatta di differenze osservate. Per il cittadino, il dipendente, il consumatore, l'elettore sono proprio queste differenze percepite che contano. Certo si può comunicare una differenza ma dopo un pò la differenza comunicata deve essere percepita. L'effetto dell'annuncio si consuma ogni volta che viene utilizzato e non confermato. Ed assieme all'effetto dell'annuncio si consuma la fiducia.
W allora l'informazione ed abbasso la comunicazione.
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