martedì, febbraio 07, 2006

Machinima? Niente di nuovo...

Pietro mi fa notare in un commento al post precedente che il fenomeno di cui parlo non è affatto nuovo ed esiste dai tempi del primo episodio di Quake. Ineffetti la voce machinima su Wikipedia fa risalire il fenomeno ai primi anni '90 e ne individua le radici addirittura nei demo un pò psichedelici con i quali la maggior parte dei pirati firmavano le loro performance durante i primi anni '80. A mio avviso, tuttavia, l'aspetto più interessante dell'articolo di Wired è riassunto in quel "for the masses". Credo che in fondo sia solo un aspetto di una tendenza più generalizzata al creare/pubblicare. Fino a qualche anno fa le masse potevano solo fruire di questi contenuti. Oggi, grazie ad una serie di tecnologie largamente disponibili per la produzione e la distribuzione dei contenuti, una fascia crescente della popolazione può provare le sensazione di partecipare ad una comunicazione di massa dal punto di vista dell'emittente e non del destinatario. La comunicazione di massa non è più "read only". Questo processo, il "Farsi Media", avrà un impatto di cui è difficile comprendere oggi le dimensioni ma che, a mio modo di vedere, può essere assimilato ad altri passaggi epocali caratterizzati dall'accesso di massa a certe tecnologie della comunicazione (vedi la diffusione della stampa di cui ancora oggi fatichiamo a comprendere le reali conseguenza sulla struttura della nostra società). Ovviamente il fenomeno dei machinima (e dei bellissimi fumetti realizzati con il motore di Half Life che segnala Pietro) si presta a molti altri livelli di analisi fra cui quello estetico sul quale, per la verità, non so molto.

1 commento:

  1. Sono d'accordo con Fabio che il punto non stia tanto nella nascita della pratica ma nel senso che assume nel momento che diviene fenomeno diffuso di massa, segnalando da una parte una interiorizzazione dei linguaggi cinematografici e del modo di "parlare" a un pubblico audiovisivo e dall'altra la pervasività del videogame e delle "grammatiche" connesse all'utilizzo (qui ciò che conta non mi sembra tanto la capacità di gioco ma tutte quelle abilità collaterali presenti - i punti di vista che è possibile assumere, la capacità di dare nuovo senso ai movimenti predeterminati ecc.).
    Interessante la dimensione fumetto: qui usciamo dai linguaggi specifici del videogioco ma se ne utilizzano le forme estetiche e alcune dinamiche narrative interne. Qualcosa di diverso da una semplice rimediazione (che ha a che fare con i due media). Un buon terreno di osservazione, secondo me

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